Centatim volitant formicae ad Virginis aram

Di solito, a fine estate, fanno il “volo nuziale“: maschi e regine volan fuori dai formicai accoppiandosi e formando impressionanti nuvole nere: finita la pacchia, le regine fecondate formano nuovi nidi, e i maschi muoiono cadendo a terra.

Orbene, a Pomarance (Pisa), esiste una chiesa chiamata sin dal 1200 San Michele delle Formiche; ogni 29 settembre, testimonia il Maffei, “si vede una prodigiosa quantità di formiche che ingombrano tutta la chiesa, coprono gli altari e in poco tempo muoiono”.La chiesa ormai è un rudere, ma la sua campana è stata messa sulla torre del Palazzo Pretorio: e ora le formiche vanno tutte a suicidarsi lì.

Stessa cosa avviene a Foresto Sparso (BG), nel santuario di San Giovanni delle Formiche, sulla cima del Monte Cunisio; cambia solo la data, 29 agosto.

Ma la più sorprendente di queste accade ogni anno nella Val di Zena (Bo), a 20 km da Loiano.

Da secoli, ogni 8 settembre milioni di formiche alate vanno a morire dentro e intorno al Santuario di Santa Maria; da sempre il popolo ha pensato che – miracolo! – le formiche andassero a rendere omaggio alla Madonna nel giorno della sua festa. Infatti un antico distico latino sotto la sua immagine recita:

“Centatim volitant formicae ad Virginis aram quo que illam voliant vistmae tatque cadunt” – (Ansiose volano le formiche all’altare della Vergine, pur sapendo che ai suoi piedi moriranno).

L’8 settembre i fedeli della Madonna delle Formiche si recano sul Monte delle Formiche, partecipano a una solenne processione in onore della Natività della B.V. e poi, servendosi di larghi e bianchi lenzuoli, raccolgono i cadaverini delle Myrmicae mettendoli in sacchettini (le “Formiche della Madonna“) che – dopo esser state benedetti – vengono distribuiti previa offerta e poi conservati dai fedeli nei cassetti della biancheria: dicono preservino dai dolori reumatici e da quelli di stomaco .

Ovviamente si tratta di una tradizione che la Chiesa non considera affatto un miracolo; e a causa di questo vi fu una volta in cui le Formiche della Madonna divennero le protagoniste di una bellissima storia decisamente in stile Peppone e Don Camillo.

Era il 1946, immediato dopoguerra: un periodo in cui soprattutto in Emilia Romagna la DC e il PCI si facevano una guerra tremenda.

I primi tacciavano i secondi di essere degli anticristo senza fede, i secondi tacciavano i primi di essere dei manipolatori delle menti e di far vivere i popoli nell’ignoranza della superstizione.

Il santuario era stato bombardato; erano rimasti in piedi solo il campanile e la Santa Immagine della Vergine, ricoverata nella cappellina del cimitero.

A settembre, come ogni anno, arrivarono le formiche; ma il giovane parroco, Don Severino Righi, si rifiutò fermamente di collaborare alla raccolta e alla distribuzione delle formiche, considerandola, stavolta lui, una mera superstizione.

Allora tutte le Sezioni Comuniste della regione insorsero violentemente, accusando il parroco di essere “Contro Cristo e la Madonna” (sic), e di voler privare il Popolo di certezza e salute, doni che da secoli le Formiche della Madonna dispensavano.

E il giorno della festa religiosa, l’8 settembre del ‘46, vennero da Bologna e da tutte le zone limitrofe, portando le loro grandi bandiere rosse prima in Processione e poi stendendole sui prati al posto dei lenzuoli per raccogliere le formiche miracolose.

Poiché allora nel PCI era in voga lo slogan dell’Onorevole Donini “Il miracolo, arma dei preti“, probabilmente quella mistica reazione fu davvero il più grande prodigio accaduto sul Monte delle Formiche.

©Mitì Vigliero