Non abbiamo bisogno di una chiesa che aiuti i poveri

Non abbiamo bisogno di una chiesa che aiuti i poveri, ma di una chiesa che aiuti i ricchi a non peccare.

Questa chiesa siamo noi e questi ricchi siamo sempre noi che usiamo il denaro come principale veicolo di smarrimento.

Giovanna d’arco lasciò di nascosto i campi e la casa dei genitori perché una voce la chiamava ad aiutare i fratelli assediati a 600 km di distanza.

Noi ci lamentiamo dei 10 km di tragitto che percorriamo in auto per andare a timbrare un cartellino con il quale riceviamo quello che pensiamo ci spetti di diritto, una quantità di ricchezza che sosterrebbe una famiglia africana per anni e che noi ci affrettiamo a spendere in beni che spariscono.

Corriamo nei centri benessere e nei centri commerciali fino all’esaurimento di tutte le nostre risorse.

E per far prima costruiamo ponti che portano all’inferno, che si sgretolano sotto i nostri piedi perchè non abbiamo il tempo di occuparcene e neppure la voglia di avvertire l’altro che sta precipitando.

Siamo una chiesa capace di stare con i morti, ma incapace di risvegliare nuove vite.
Capace di piangere ma non più di gioire.