Paolo ha cinquant’anni, vive a Carpi da sempre ed è tipografo dal 1979. Ha lavorato come dipendente con suo padre fino al 2000, anno in cui ha aperto la tipografia Artpress a Rovereto assieme ad altri due soci. Ha due sorelle e da vent’anni convive con Barbara, che ha un’edicola nella piazza principale della città. Paolo è appassionato di calcio, musica rock e Harley Davidson. Alla fine del 2014, la sua ditta ha stampato il libro della Spei.
Come sei arrivato alla Spei?
Sono arrivato nel dicembre del 2014 tramite Giorgio [Casali], che conoscevo tramite Radio Antenna1 e mia moglie, Barbara. Una sera, in discoteca, sono stato interpellato per la pubblicazione del vostro libro aziendale, Credere nel cambiamento, un regalo ai clienti come strenna natalizia.
Hai ottenuto subito il lavoro?
Ci siamo incontrati con il titolare della Spei, Stefano, su appuntamento, nel suo ufficio. Ci siamo messi subito d’accordo. Quel giorno c’era anche Giorgio, l’autore del libro, e Paolo [Rossi Barattini], che vendeva l’aceto balsamico, altra parte della strenna. Era un giovedì sera.
Quanto è durato il colloquio?
Un’oretta. Stefano mi ha presentato la sua ditta e il suo progetto.
Cosa ricordi?
Ho un po’ di confusione in testa… L’ha presentato come una sua personale missione di vita, che ha voluto trasportare anche all’interno della ditta.
Che tipo di missione è?
Sicuramente è l’aiuto verso il prossimo, da quello che posso aver capito io. Dare una possibilità anche a chi non l’ha mai avuta nella vita.
Una possibilità di lavoro?
Di lavoro, sì. E comunque, quando dai a qualcuno una possibilità di lavoro, gli dai anche una possibilità di crescita in tante cose: nella famiglia, come persona… Il lavoro al giorno d’oggi è tutto.
Ha parlato più lui che te?
Sicuramente. Io ho molto ascoltato, e mi sono trovato un attimo spiazzato: ho parlato con tanti clienti, e fatto tanti preventivi, ma la fede portata nel mondo del lavoro, per me, era una novità. Può anche spiazzare.
Che impressione ti ha fatto Stefano al primo colloquio?
L’impressione di una persona particolare e molto dentro alla sua fede. Anche dall’ufficio si vedeva che non ero davanti a un colloquio di lavoro normale: gli addobbi, la sua grande fede verso la Madonna, le foto di gruppi di persone che fanno da mangiare alle mense dei poveri…
Al colloquio ha chiesto qualcosa di te?
Sì sì, mi ha chiesto chi ero, da dove venivo, dell’amicizia con Giorgio, come ero arrivato lì. Stefano collega tutto quanto alla Madonna, infatti, quando ho detto che ero di Carpi, mi ha subito chiesto se conoscevo la “Madonna di Gargallo”. Gli spiegai che oltre a conoscerla benissimo avevo lavorato per degli anni con l’associazione “Mamma della Pace”, stampando libretti di preghiera e opuscoli informativi.
Che associazione è?
Un’associazione nata negli anni ’90 ad opera del signor Varini, che sosteneva di vedere la Madonna in una piccola località nella campagna di Carpi, Gargallo appunto… tipo Medjugorje. La Madonna lasciava messaggi a questo signor Varini, e noi li stampavamo su giornalini, santini, libri, insomma tutto ciò che serviva per sostenere l’associazione.
Questo fino a quando?
Tutt’oggi, anche se molto meno di un tempo. L’associazione è ancora in vita, ma dopo la morte del vate, il signor Varini, la cosa è un po’ scemata.
Adesso chi tiene in mano l’associazione?
Il signor Iannuzzo Generoso, che è sempre stato il “braccio destro” di Varini.
Leggevi quello che pubblicavi? Eri dentro al loro giro?
No, io sono sempre stato fuori. Ho sempre creduto a modo mio, non ho mai partecipato. Varini aveva le “visioni” al giovedì pomeriggio, mi sembra di ricordare. A volte portavo il materiale stampato proprio alla stele di Gargallo. C’erano veramente migliaia e migliaia di persone.
Gargallo era un fenomeno famoso?
Sì sì, andava anche sui giornali, in televisione… Si conosceva parecchio anche a livello nazionale, c’erano corriere che venivano da tutta Italia. Purtroppo si vedevano anche molti malati, bambini in carrozzina, un po’ come nei santuari tipo Lourdes, in cui si vede la realtà dei malati.
Che tu sappia, c’è stata qualche guarigione?
Proprio non lo so. Comunque, quando è morto Varini, mancando colui che aveva le visioni, è tutto scemato. E poi, il fenomeno non è mai stato riconosciuto dalla Chiesa, da quel che so io.
Preti ce n’erano?
Sì, ce n’erano tanti.
Ne conoscevi qualcuno?
No, a Carpi [il fenomeno] non è mai stato visto come una realtà. Venivano soprattutto da fuori, per quel che ho visto io.
Stefano cosa disse del tuo legame con Gargallo?
Si è illuminato quando ha saputo che io lavoravo già per quell’associazione.
Perché?
Diceva che tutte le cose che stava facendo ultimamente nella sua vita portavano a pensare che tutti quelli che arrivavano alla Spei erano mandati dalla Madonna. [L’ha detto lui… Non penso di offenderlo…]
E tu come la pensi? Coincidenza?
Ho pensato ad una coincidenza, anche se allo stesso tempo mi fa molto piacere vedere della gente che crede in queste cose. E finché penso che lo fanno a scopo di bene, anche se non ci credo, mi fa piacere lo stesso, perché regalano un pezzo della loro vita per il bisogno degli altri.
Dopodiché l’appuntamento è finito?
Sì. Ci siamo rincontrati altre volte in ufficio, ho partecipato ad una serata organizzata da lui in cui raccontava la storia della sua ditta, e ho visto tanta gente che va, ascolta, e gli chiede da lavorare: e lui non ha mai detto di no, ha sempre dato una speranza, lasciando il suo numero di telefono. Stefano è una persona che mi ha lasciato una buona impressione.
Le altre volte che sei entrato in ufficio?
C’è sempre gente diversa, a parte Giorgio e Stefano che conosco… Devo ancora ben capire come è possibile per Stefano avere ancora la voglia di dare agli altri.
Perché sei tornato in ufficio?
Una volta, a gennaio, sono tornato per accordarmi sulla ristampa del libro. Sinceramente non pensavo che potesse avere tutto il successo che ha avuto. Penso che ormai siamo diventati collaboratori nel mondo del lavoro. A fine dicembre, invece, ero tornato in ufficio da Stefano per parlare con lui a quattr’occhi, dovevamo chiarirci su una cosa di lavoro… Lui, con la sua grande fede, aveva capito che non avevo sbagliato apposta, ma si trattava di un errore dovuto a motivi di lavoro.
Di cosa si trattava?
Del risultato della stampa del primo libro.
Quando vi siete visti da soli ti ha fatto un colloquio più personale?
Sì, mi ha chiesto chi ero, chi non ero, se avevo fede o no, se ero sposato… Io ho detto tutto, non ho problemi a dire quello che sono. E lui ha accettato la mia persona senza problemi. Al colloquio, devo dirlo, mi ha anche detto: «Tu sei stato mandato dalla Madonna», e quindi lui di me si fida ciecamente. Mi ha proprio detto che non avremo mai problemi sul lavoro.
Ti ha detto qualcosa di strano?
È già abbastanza strano, per me, sentirmi dire che sono stato mandato dalla Madonna. Vado a un colloquio di lavoro e mi sento dire così…
Ti ha fatto piacere?
Non mi dà fastidio, quando vedo che una persona è in buonafede non mi dà fastidio niente.
Ti senti più responsabilizzato, più controllato?
No, per me i clienti sono tutti uguali. Però, se riesco, gli faccio volentieri dei piaceri perché vedo che non lavora solo per denaro. Se riesco do una mano. Un giorno mi ha chiesto una mano per una stampa di un manuale di una bicicletta elettrica che avevate progettato e di cui il committente si era lamentato: ho stampato, era solo un problema di formattazione dei files. Ci siamo stretti la mano, ed eravamo già a posto così. Penso che abbiano risolto col cliente…
Sei ancora in contatto con la Spei?
Sono sempre in contatto tramite Giorgio. Quando hanno bisogno o organizzano le serate mi chiedono di stampare la pubblicità, e quando è possibile partecipo anche, ogni tanto.
Barbara cosa pensa della Spei?
Mia moglie è molto più credente di me, anche se non l’ha mai ammesso in vita sua. Per me ci sono cose che sono solo coincidenze, lei forse crede a qualche cosa di più. Quando dovevo andare alla Spei al primo appuntamento mi aveva avvisato che Stefano era molto credente e aveva le sue idee… Insomma, mi aveva raccontato quello che le aveva raccontato Giorgio: che la ditta “raccoglieva” i ragazzi per strada, i più sfortunati, perché è sempre facile portare i curriculum. Da quello che avevo sentito, Stefano non guardava i curricula, ma il “momento”, l’incontro in sé.
E comunque rimanesti spiazzato.
Sì, perché nel suo credere Stefano è “esagerato”, totalizzante. Lo dico in senso buono: persone così non si vedono ogni giorno. Io non conosco la sua famiglia, ma sembra che lui viva solo per la sua missione: “esagerato” in questo senso.
Hai letto il libro?
Qualche pezzo, mentre lo stampavo.
Che idea ti sei fatto del “cambiamento” di cui si parla?
[Penso che Stefano abbia il sogno di…] Anch’io sono titolare di azienda, e cerco persone con intelligenza per lavorare con me. Stefano vede l’intelligenza delle persone dove altri imprenditori non la vedono. Da quello che ho capito non assume per guadagnare: a lui basta un gesto, il gesto che gli serviva quel giorno lì. A nessun imprenditore basta una cosa del genere per assumere qualcuno. Io spero veramente che Stefano riesca a compiere la sua missione, perché è una missione a fin di bene: non vedo perché sperare che gli vada male.
[Allora speriamo di fare altri libri insieme…
Magari uno su Gargallo…
Sarebbe bello andarci a investigare, ma per la Chiesa è una questione chiusa.
Te lo dico tra me e te: è come se il più semo di Carpi a un certo punto ti dicesse: «Vedo la Madonna»… A Lourdes c’erano dei bambini, giusto? A Medjugorje anche, dei ragazzini. A Gargallo, Varini era il titolare di mio padre, anche lui aveva una tipografia; era un ubriacone che aveva truffato tanta gente, era un fallito…]
29/06/2015