LA MIA VITA PRECEDENTE

Diplomato al Corni, Luca è nato nel 1983 e vive a Casinalbo, con la moglie e i suoi due figli. La sua è una delle “classiche” storie di cambiamento cominciate dentro i muri della nostra ditta, quando ancora la Spei non aveva cambiato rotta, ma i tempi cominciavano ad essere davvero maturi per farlo.

 

Come sei arrivato alla Spei?

Finite le superiori lavorai un anno e mezzo a Casinalbo in uno studio di progettazione, dopodichè arrivai alla Spei, dove rimasi un anno o poco più come disegnatore, tra il 2004 e il 2005.  

Perché lasciasti il lavoro a Casinalbo?

Alla Spei si lavorava con il 3D, mi ispirava molto. Ero venuto per imparare qualcosa di diverso, per migliorarmi. Arrivai perché alla Spei lavorava un mio amico ed ex compagno di classe del Corni, [Lorenzo Faglioni,] che diede il mio contatto a Pesaresi.

Eri bravo con il 3D?

Ero alla prima esperienza… Avevo molto margine di miglioramento [sorride, ndr].

Come fu il colloquio con Stefano?

Mi sembra fosse stata una chiacchierata abbastanza libera, per capire che tipo fossi, e non uno dei classici colloqui “tecnici”…

Che aspettative avevi?

Volevo imparare tante cose, soprattutto col 3D, e diventare autonomo nella gestione di tutto il progetto.

E Stefano che aspettative aveva, secondo te?

Mi assunse subito, ricordo che il giorno dopo il colloquio avevo già firmato da apprendista. Avevo immaginato che la Spei volesse formarmi con la speranza di diventare un dipendente stabile, “qualcosa di più” che un semplice apprendista.

Sei riuscito a crescere professionalmente?

Sì, un po’ sì. Avevo visto il 3D a scuola, ma pochissime volte nella ditta di Casinalbo in cui lavoravo. Alla Spei ho fatto molta pratica, ero spesso a lavorare per ditte esterne – soprattutto per la Marposs, e poi alla Lombardini, alla Lanteo, e pure alla System…

Che poi assunse Lorenzo.

Sì, Lorenzo era un tipo molto in gamba, molto intuitivo, bravo sul lavoro… Si era fatto conoscere bene.

Perché lasciasti la Spei?

Avevo deciso di cambiare completamente strada, e non per colpa della nostra ditta. In un anno e mezzo imparai a conosce re il mondo della meccanica, e mi resi conto che una persona lì dentro non valeva niente, era sempre allo sbaraglio: “Se questo lavoro non lo fai tu a certe condizioni, lo fa un altro”. È chiaro che al cliente va dato il prodotto aziendale concordato, ma ero proprio schifato da come quel mondo era impostato non mi piaceva, non era fatto per me. Certo avevo carenze professionali, ma soprattutto mi mancava quella passione che aveva il mio collega. Scelsi di fare tutto un altro percorso di vita, iscrivendomi all’università, idea che avevo scartato subito dopo il diploma.

Quale ramo scegliesti?

Mi iscrissi a Tecniche della riabilitazione psichiatrica, a Modena, dopo mesi di riflessione. Fu nella primavera del 2005 a venirmi l’idea di riprendere gli studi, anche se non avevo idee precise sulla strada da prendere. Mi guardai un po’ in giro e alla fine scelsi di buttarmi nella psichiatria: lavoro per Villa Igea dal 2010, l’anno della mia laurea…

Qual è il tuo lavoro?

Sono un educatore preparato ad affrontare casi di malattie mentale.

Da disegnatore ad operatore psichiatrico… Cosa disse Stefano?

Gli dissi che avevo preso la decisione di studiare, ricordo ancora bene il momento [sorride]… Eravamo a maggio, di ritorno da una ditta nel bolognese, dopo una giornata davvero storta: avevamo sbagliato il progetto, dovemmo rimanere al lavoro fino a tarda sera… In autostrada gli dissi: <<Io mollo: come comincia l’estate, mi iscrivo all’università>>. Stefano rimase davvero di stucco. Mi chiese se mi ero trovato male con lui o con la Spei, i motivi della mia scelta… E poi mi fece l’“in bocca al lupo”… Disse che se era una cosa che volevo fare io, non avrebbe potuto ostacolarmi in alcun modo…

Stefano prese le tue dimissioni come un tradimento?

No no, anche perché non andavo a lavorare da un concorrente… Avevo solo deciso di cambiare strada, e lui mi ha appoggiato.

Che rapporto avevi con lui?

Da un punto di vista lavorativo si faceva un po’ fatica, perché Stefano diceva tremila cose al minuto, metteva una gran fretta nel farle e non dava mai indicazioni precise su come muoversi… Una volta mi trovai a fare un lavoro di alta qualità col 3D per la Bombardini: avevo appena iniziato a lavorare, non ero preparato… Risultai un peso per il cliente, che infatti chiese a Stefano un altro uomo. Insomma, è capitato più volte di essere mandato allo sbaraglio, dentro situazioni per cui non potevo ancora essere all’altezza… Dal punto di vista umano, però, Stefano mi è sempre sembrata una persona con cui ci si potesse parlare. Certo, in quanto ligure, è sempre stato un po’ tirchio dal punto di vista economico [sorride]… Non ha mai dato niente per trasferte o ore fatte in più, ha sempre “pianto miseria”, fosse vero o no… Il giorno dello stipendio, però, è sempre stato puntuale nel pagamento…

Nelle situazioni di “sbaraglio” chi ti seguiva?

Era più che altro Faglioni a farlo, aveva molta più esperienza di me… Devo dire che Stefano non era preparatissimo per tutti i lavori che riusciva ad ottenere. Non fosse stato per Faglioni, che riusciva sempre sul proprio lavoro, certe volte saremmo affondati.

Faglioni era più bravo di Stefano?

A fare il disegno meccanico sì.

Stefano in cosa era bravo?

È un ingegnere informatico, che solo successivamente si reinventò nel settore meccanico. Dove lavoravo a Casinalbo imparai tantissimo ad usare il 2D: è vero che alla Spei ho imparato il 3D, ma non venni comunque preparato al meglio. Pesaresi era più che altro manager e commerciale della sua ditta, nella preparazione mancava un po’: di fronte a un problema era fumoso, Faglioni invece andava subito al punto…

Sono passati quasi dieci anni da quando hai lasciato la Spei, ora i clienti sono contenti del suo lavoro, dicono che Stefano è molto bravo.

Sicuramente si è fatto le ossa… Possa fare una domanda io? [sorride] A cosa serve questa intervista?

Stiamo raccogliendo le storie delle persone che sono passate dai nostri uffici come dipendenti, clienti, fornitori o anche solo amici, allo scopo di raccontare l’esperienza della Spei… È cruciale il periodo in cui tu hai lavorato in ditta: nel 2005, proprio dopo le dimissioni tue e di Faglioni, la Spei si trovò in una grave crisi finanziaria, rischiando sul serio di chiudere i battenti. Con Faglioni era venuto a mancare non solo il maggior cliente per cui lavoravamo, ma il miglior dipendente. Inoltre la ditta per cui lavoravate a Bologna non pagò.

L’avevamo combinata grossa… Non funzionava niente del progetto cui ci stavamo dedicando, era un disastro assoluto. Il cliente era furioso, forse è stato quello il pagamento che non era arrivato. Fu una settimana terribile, ogni giorno uscivamo alle otto di sera per risolvere quel problema… Era un lavoro grosso…

…Stefano andò in crisi, come imprenditore ma anche come persona. Fino a quando un amico [Luca] gli parlò di Gesù. E credette. Dal 2005 al 2008 la ditta cambiò completamente rotta, cominciò ad essere quello che è ora…  

Una volta Stefano amava circondarsi di tecnologie, in ufficio non c’erano le madonnine che vedo ora, e neanche il Vangelo sul tavolo…

Le statuine sono parecchie, si accumulano col tempo… Qualcuno le regala, arrivano dai pellegrinaggi degli amici. La Spei è cambiata radicalmente. I dipendenti non sono più cercati, “arrivano”: al momento abbiamo un solo ingegnere ed un solo perito, tutti sono stati accolti, formati e introdotti al lavoro. Stefano ha fatto una sorte di voto alla Madonna: <<Tutta la gente portamela Tu>>. La Spei dà effettivamente una possibilità alle persone che arrivano: il primo fu [Aziz], che lavora ancora con noi. Dopo di lui, decine e decine di persone che con il loro lavoro hanno portato altro lavoro per la ditta. Insomma, da quel giorno la Spei vive un circolo virtuoso. Il nostro motto è “Credere nel Cambiamento”, e sembra rispondere anche alla tua storia: sei entrato come disegnatore, sei uscito come futuro educatore psichiatrico.

Effettivamente parlo sempre di una mia “vita precedente”… [ride].

Hai cambiato completamente.

Sì, ho proprio cambiato completamente la mia vita. Al secondo anno di università ho fatto un viaggio di volontariato in Brasile, con l’associazione “Modena Terzo Mondo”. Sono stato là un mese, e conobbi una ragazza del posto: avevamo avuto una piccola storia, ma non approfondimmo più di tanto… L’anno dopo – era il 2008 – tornai in Brasile, anche se non pensavo che il motivo fosse lei: l’ho rivista e siamo tornati insieme in Italia, entrambi con l’idea di sposarci… È cambiato proprio tutto [sorride]. 

Quando vi siete sposati?

Nel 2009, dopo un anno di convivenza assieme ai miei genitori… Studiavo di giorno e lavoravo di notte, a volte in una comunità di recupero per tossicodipendenti, a volte in una pizzeria… Riuscivamo a cavarcela. Adesso abbiamo due figli, uno di sei e uno di quattro anni…

Il primo nacque prima del matrimonio…

Quando rividi la mia futura moglie per la seconda volta in Brasile, lei era già incinta: ho fatto una scelta, portando in Italia sia lei che il figlio che aveva in grembo. Partorì dopo due mesi, diventai padre tutto d’un colpo. È stata una cosa improvvisa, inaspettata… Ma quando tengo in braccio questo bambino… È bellissimo avere figli, sono la cosa più bella del mondo. Non tornerei mai indietro… E poi è arrivata la seconda…

Hai avuto fede?

Ne ho avuta, ne ho dovuta avere per forza… Tra studio, lavoro, e bimbo mi erano venuti i capelli bianchi… Bisogna tener botta nei momenti difficili, e ce l’ho fatta. Riuscii a laurearmi in tempo, adesso lavoro stabilmente a Villa Igea. Ci si salta sempre fuori…

Alla luce dei tuoi cambiamenti, che giudizio dai alla tua esperienza nella Spei?

È grazie a queste domande che posso rileggere i miei ultimi anni alla luce della “questione cambiamento”. Dopo l’esperienza alla Spei cambiai registro in bene… Passai un anno in cui pensai tanto, e quei pensieri furono centrali per il cambiamento che avrei cominciato a fare di lì a poco. Sono cambiato, e sono cambiato in meglio. Rifarei quello che ho fatto altre cento volte. 

11/11/2014