Dumitru è nato in Moldavia ventun’anni fa. Vive in Italia dal 2005, quando arrivò con il padre e la sorella per ricongiungersi con la madre, già da qualche anno nel nostro paese. Si è diplomato all’Istituto tecnico Cattaneo-Deledda nell’ambito dei servizi sociali, e ha svolto un paio di lavori come allestitore merci. Alla Spei ha lavorato un solo giorno.
Come sei arrivato?
La scorsa primavera mia madre ha conosciuto in fabbrica un ragazzo [Giorgio] che lavora alla Spei da pochi mesi. Conoscendo la mia situazione di disoccupato, Giorgio mi diede il numero di Stefano, e subito lo chiamai.
Hai fatto il colloquio?
Il giorno stesso: gli ho telefonato il mattino del 12 settembre, e al pomeriggio ero in ufficio per il colloquio. Stefano arrivò con qualche ora di ritardo [ride, ndr], me ne stetti seduto ad aspettare in mezzo agli altri dipendenti.
Com’è stato il colloquio?
Un po’ particolare… Il più strano che abbia mai fatto [ride]. Stefano non mi chiedeva che lavori avevo fatto ma mi parlava di Dio… Sapevo da mia madre che era molto religioso. A un certo punto ha preso un libro dallo scaffale del suo studio e me l’ha fatto aprire a caso. Era un libro di preghiere: ne ho letta una ad alta voce, poi mi ha chiesto che emozioni avevo provato, se quelle righe mi avevano detto qualcosa. Gli ho detto le mie impressioni, poi abbiamo parlato di Dio per un’ora e un quarto. Stefano mi ha chiesto se andavo a Messa – gli ho detto che, con mio padre e mia sorella, frequento qualche volta una chiesa ortodossa a Modena, vicino ai Portali – e poi mi ha parlato della Spei.
Cosa ti ha detto?
Ha detto che il lavoro ce lo dà Dio, che Lui ci aiuta a vivere in questo mondo e che la cosa importante non sono i soldi, né il potere, ma stare bene con sé stessi.
Ma i soldi servono…
I soldi servono per vivere e, se preghiamo, Dio ci aiuta in qualche modo anche a pagare le bollette. Poi Stefano mi ha detto di presentarmi in ufficio lunedì mattina, e di non preoccuparmi del lavoro perché nessuno alla Spei sa far niente al primo giorno. Ricordo anche che ha detto di essere in attesa di qualche segnale da Dio per me, entro lunedì. Nel fine settimana mi chiedevo: <<E se Dio non gli manda segnali??>> [ride].
Lunedì, Stefano disse che qualche segnale era arrivato?
Sì, ha detto che qualcosa era arrivato, ma non ha approfondito – mentre lo diceva è entrata nello studio la segretaria e non ne abbiamo più parlato.
Quindi lunedì hai iniziato a lavorare…
Sì, mi sono presentato alla porta alle 8.30, ma fino alle 9 in ufficio non c’era nessuno. È arrivato Stefano, ha aperto e mi ha fatto entrare. Mi ha messo davanti a un computer per fare un semplice lavoro di copia incolla, spiegandomi un po’ la mansione. Ho lavorato tutta la mattina e tutto il pomeriggio. Quando avevo bisogno di aiuto chiedevo a [Gianluca] – mi ha affiancato dalle 9.30 – e mi aiutava. Mi sono trovato bene con lui. Verso le 17, quando Stefano è rientrato in ufficio, ho dovuto dirgli che stare davanti al computer per così tante ore per me è un problema…
Come mai?
Qualche anno fa ho subito due interventi agli occhi: uno per strabismo e uno, successivo, per estetica. Andarono bene, ma dalla seconda operazione uno dei due occhi, quello che era sano, rimase indebolito: nonostante una serie di esami non abbia riscontrato nulla di mal funzionante, i dottori devono ancora capire il motivo per cui i miei occhi sentano tanto stress durante la lettura o il lavoro davanti ad un monitor.
Stefano cosa ha detto?
Abbiamo parlato un’altra ora in ufficio. Pensava se poteva trovarmi un lavoro da fare che non fosse al computer, ma alla Spei il 90% dei compiti è di fronte ad un monitor. Mi ha detto di provare a risolvere il problema agli occhi – perché la salute viene prima del lavoro – e poi ripresentarmi. Ha detto che avrebbero pregato per me e che la porta della Spei rimane sempre aperta, che posso tornare quando voglio… L’ho ringraziato tanto per l’opportunità che mi ha dato.
Oltre a Gianluca, chi c’era con te in ufficio quel giorno?
C’erano [Khalifa], [Enzo], [Luana] e [Susanna] – ho visto anche [Aziz], che però è uscito subito per un appuntamento di lavoro a Bologna. A pranzo sono andato nel bar [Gianna] che c’è sotto gli uffici, insieme a Stefano, Gianluca ed i genitori di Gianluca. Ero entrato da solo, ma Stefano, che era già dentro con gli altri, mi ha visto entrare e mi ha invitato al loro tavolo.
Perché c’erano i genitori di Gianluca? Vengono da La Spezia…
Non lo so, forse volevano venire a trovare loro figlio perché lo vedono poco. Abbiamo parlato un po’ tutti, Stefano diceva bene di Gianluca ai suoi, e i suoi mi hanno chiesto alcune cose della mia terra d’origine, la Moldavia – da dove venivo, perché venivo, cosa avevo fatto… È stato un pranzo piacevole.
Un solo giorno alla Spei… Credi di tornare?
Se risolvo il problema agli occhi spero di sì. Tornerei molto volentieri, è un ambiente di lavoro accogliente, mi sono trovato benissimo.
25/09/2014